Se non abiti a Trieste, partecipare alla Barcolana è un impegno non da poco. Oltre 1200 armatori, a partire dal 2000, provengono da fuori città, e per loro arrivare puntuali alla regata è questione di organizzazione e puntualità. Risalire l'Adriatico per arrivare in porto a Trieste, accaparrarsi un buon ormeggio, è questione di esperienza, organizzazione e analisi dei dati meteo. Operazioni che iniziano puntualmente con due settimane di anticipo.

Partono da Ancona, partono da Lussino, da Chioggia e Rovigno, da Lignano e da Parenzo. Tutti con la propria teoria sulla rotta migliore, sulle eventuali soste in porti amici, sui tempi e sui quantitativi di vino necessari a questa crociera autunnale, che in molte edizioni diventa anche impegnativa.

E' il caso dell'edizione 2005, quando la Bora soffia gagliarda fino al sabato precedente alla regata. Chi si è preso per tempo, e ha iniziato il trasferimento con anticipo, arriverà all'ultimo, trasformato in una statua di sale. Risalire l'ultimo tratto di Adriatico con Bora a 40 nodi e raffiche superiori ai 50, infatti, ti trasforma nello spirito. La prua che batte sull'onda, la raffica che già a Isola o a Grado ti piega e devi lascare tutta la randa e poi cazzarla veloce, gli spruzzi che nebulizzano l'acqua, e il sale che si incrosta su capelli, barbe, nasi e mani. La tentazione di ripiegare a Monfalcone o a Isola è tanta: gli armatori sanno che più si sale verso Nord Est, in questo lembo profondo del Mediterraneo, più la bora aumenta, più l'ormeggio sarà difficile. Quelli che non cedono alla tentazione, trovano ad aspettarli i marinai di Barcola, che li accolgono con diversi gradienti di alcol e la soddisfazione di avere di fronte veri marinai, e statue di sale che si sciolgono solo nell'abbraccio che segue una barca ben ormeggiata, e la certezza di aver compiuto, ancor prima della Barcolana, una leggendaria esperienza.