L'anima della Barcolana
Alla partenza dell'edizione 2011 della regata risultano puntuali sulla linea di partenza oltre 1700 barche a vela. I grandi campioni, gli amici di sempre, le barche familiari. Eppure, gli organizzatori della Società velica di Barcola Grignano, sentono un gran vuoto. Quella del 2011 è la prima Barcolana senza Fulvio Molinari, uno dei padri della regata, uno che l'evento l'ha colto nella più profonda essenza, e raccontato ai triestini, agli italiani, e poi all'Europa intera.
Il 30 aprile del 2011, dopo aver combattuto a lungo, Fulvio Molinari lascia gli ormeggi per il suo ultimo viaggio verso l'orizzonte, come aveva lui stesso previsto pochi mesi prima, congedandosi dal popolo della vela alla premiazione della Barcolana 2010, in un momento lucido quanto commovente. Già da alcuni mesi aveva lasciato il timone della Barcolana in altre mani, e pubblicato il suo ultimo libro, "L'isola del muto", dedicato alla sua Istria, alla pesca e soprattutto al dramma dell'esodo visto dalla prospettiva di chi resta, incapace di abbandonare terre che ama.
Di Fulvio, e delle sue idee sulla Barcolana, si potrebbe scrivere qualche trattato: testardo, idealista, ammaliatore e stratega, ma convinto sempre e sopra ogni cosa che questa regata meritasse tutti gli sforzi possibili, perché rappresenta l'essenza stessa di Trieste, il patrimonio comune di una città che deve ripartire dal suo mare.
Fulvio, lui, la Barcolana la faceva quasi ogni anno. Anche nel 2010, sul suo Big Beluga. Il suo duello personale era con il suo vicino d'ormeggio Gino "Piastrella", o contro Dario "Sip". Lo chiamavi al telefono durante la regata, e ti chiedeva, prima di tutto, se i suoi avversari per caso fossero già arrivati, o potesse ancora sperare di essere primo. Poi, chiudeva velocemente la chiamata, perché, insomma, "Me se suga i gnocchi e me se scalda el vin".