Morin, il calciatore che diventò velista
Lui un piede in barca l'ha tenuto sempre, anche quando li usava tutti e due per giocare al calcio, al massimo livello: nell'Inter, nel Napoli di Amadei e Jeppson (lo svedese pagato 105 milioni, record di quei tempi) infine con la Spal di Mazza, prima di tornare a Monfalcone, dove era approdato, esule, da Lussino assieme alla famiglia. "Lui" è Sergio Morin, che molti chiamano "Omo" per via di quel suo caratteristico intercalare, quando si rivolge a direttamente a qualcuno: "Senti, omo mio".
Calcio e vela, due passioni che sembrano muoversi come tra i due poli di un'incomponibile antinomia, eppure Sergio Morin riesce a comporre i due interessi, e a fare la guerra a Giorgio Brezich negli Snipe, assieme all'inseparabile Sergio Michel. In barca ci va, ovviamente, per passione, perché nella sua isola in barca ci vanno tutti, fin da bambini, l'odore di salsedine ti resta nei polmoni, e un po' di acqua di mare ti scorre nelle vene. I maligni dicono che forse per questo i lussignani sono un po' "tirati", mal interpretando la loro naturale propensione per la parsimonia. Morin si guadagna da vivere tirando calci al pallone, e si diverte in barca. Da sempre. Quando smette con il calcio mette su una piccola veleria, in una delle casette degli ex dipendenti del Cantiere navale. Prende ad apprendistato un ragazzo dai capelli biondi e riccioluti, veneziano, Claudio Demartis, che poi diventerà campione di vela, e contitolare di una grande veleria. Ma a quei tempi Morin non ha progetti grandi. Taglia e cuce vele quasi per hobby, per vedere come riesce a catturare il vento su rande, genoa e spinnaker. Facendo il velaio con questo spirito è spesso (quasi sempre) in ritardo con le consegne. A quelli che vanno a ritirare la vela non finita offre cordialità, qualche battuta, un salame da leccarsi i baffi e vino buono del vicino Friuli: "bevemo un bic'er, omo". Alla Oscar Cosulich di Monfalcone, la popolare "Vela", è un personaggio, rispettato e amato: un simbolo di quelli che vanno per mare per passione, e potrebbero diventare una biblioteca ambulante dell'arte dell'andar a vela. Lui insegna ogni tanto qualcosa, specie agli amici che vanno a tirare quattro bordi assieme a lui il sabato, o nei giorni di festa. Ma fa scuola a modo suo, come Annibale e Adelchi Pelaschier, e alla "Vela" si sfornano campioni in continuazione. Morin si innamora subito della Barcolana. Gli piace quell'assenza di rigide regole, quello stare assieme, quel misurarsi con barche più grandi e veloci, e vedere che, anche con un barchino, chi ci sa fare è in grado di arrivare davanti. Lo fa subito con il Condor Pasa, ma poi con tante altre barche, sempre piccole, quasi sempre vittoriose nella loro categoria. Arriva al successo di classe anche in quella magnifica domenica di ottobre del '76, quando una sorte di estate di San Martino si propone di far maturare l'uva nel modo giusto e consente di fare gli ultimi bagni in un'acqua ancora tiepida. Sole e poco vento, brezze sparse a macchia nel Golfo: le vede, e le cattura, solo chi sa di vento e di regate. Come Morin Sergio, calciatore velista, velaio bravissimo per hobby.