La storia di Vento Fresco
Si chiamava Vento Fresco, ed era la barca della Famiglia Rizzi. Nel 1973 era una solida barca a vela, vittoriosa in una Barcolana dispettosa, caratterizzata da vento a singhiozzo, prima forte e poi bonaccia, seguita dal "neverin". Condizioni così erano perfette per Vento Fresco, ma soprattutto per il suo equipaggio: papà Umberto, mamma Angela, il figlio Paolo. Papà Umberto è il sognatore di famiglia: percorre con Vento Fresco le coste della Dalmazia in lungo e in largo, e annota meticolosamente, su uno storico diario di bordo, tutte le avventure di famiglia. E' un diario di bordo di quelli veri, vergato a penna, con una calligrafia obliqua, che unisce i dati tecnici, riportati con la schematicità della tradizione marinara (vento, approdo, miglia percorse) alle riflessioni sul mare e sulla vela, sulla sua famiglia. Mamma Angela e il figlio Paolo, invece, sono spiriti liberi. Tanto liberi da decidere di usare la barca di famiglia per partecipare, nel 1985, a una regata oceanica, la Brooklyn Cup, 52 giorni di navigazione, più il trasferimento, partito da Muggia.
La regata si conclude sotto il ponte di Brooklin, l'equipaggio familiare naviga l'oceano in condizioni dure, con burrasche che superano anche le 30 ore di seguito. Ma l'undici metri Vento Fresco, quella volta, non si scompone. Porta la sua famiglia al traguardo, e l'impresa, a metà degli anni Ottanta, diventa storia, soprattutto alla Società Triestina della Vela, la "casa" di Vento Fresco, che negli anni seguenti sarà sempre più protagonista degli oceani. Paolo Rizzi, infatti, non è un ragazzo come tutti gli altri. Lui, il mare ce l'ha nel sangue, e in oceano, e ai Caraibi si sente a casa. Ha gli occhi di suo padre, costantemente proiettati lontano, osserva con passione tutto ciò che ha intorno, e alla passione per il mare unisce, curiosamente, quella per la cucina. Cuoco autodidatta, è richiestissimo nei pozzetti delle barche ben più grandi di Vento Fresco, dove sale con il suo Bravo Simac, l'impastatrice per assicurare ai suoi commensali pane fresco, di barca, ogni mattina.
La storia di Vento Fresco finisce nel 1993, in un giorno di inizio maggio. Di ritorno da una crociera ai Caraibi, non la prima per Rizzi, e nemmeno l'ultima, lo scafo incappa in un terribile fortunale, lungo quattro giorni. L'ultimo messaggio di Paolo, inviato via radio, parla di vento da Sud Est a 50 nodi, di Vento Fresco che naviga assecondandolo, alla cappa, con una vela filata di poppa, per rallentare l'andatura. Poi più nulla. Partono le ricerche, che durano oltre due settimane, fino a quando il cargo Alidon avvista una zattera di salvataggio, con Paolo Rizzi, e il suo compagno di navigazone, Andrea Pribaz. Sette giorni nella zattera, per i due velisti triestini, la fine di un incubo per la famiglia, che ha mobilitato mezzo mondo per cercare un puntolino nell'oceano. Ma Vento Fresco non ce l'ha fatta. Ad affondarlo, dopo le severe sferzate del vento fino a 55 nodi, è una grande onda, alta come una casa di tre piani. Vento Fresco scuffia, si poggia di lato, e si inabissa, con le sue storie di mare, Barcolana compresa. Paolo torna a casa, e all'aeroporto, ad attenderlo, ci sono i parenti e i giornalisti. Scende come se fosse appena sceso dalla sua barca, con una cerata gialla, e un rassicurante sorriso sulle labbra.